L’Italia rappresenta un vero e proprio caso a livello mondiale, per quanto riguarda gli ascensori. Il primo dato che salta agli occhi è proprio il numero di impianti che sono presenti lungo tutto il territorio peninsulare: sono infatti oltre un milione i macchinari in questione, un numero tale da fare del nostro Paese il primatista in percentuale a livello globale.
Altro dato da mettere in risalto è poi quello relativo all’età degli ascensori italiani, svelato da una ricerca di Thyssenkrupp Elevator Italia, secondo la quale oltre il 40% di essi avrebbe già varcato la soglia dei 30 anni. Si tratta di un’età molto elevata, considerato come nel corso degli ultimi anni il progresso tecnologico abbia messo a disposizione degli utenti macchine non solo più funzionali, ma anche meno dispendiose da un punto di vista energetico e, soprattutto, rispondenti alle nuove normative UE cui è tenuto a conformarsi il settore.
Nuove normative le quali rispondono ad esigenze di sicurezza ritenute sempre più necessarie in considerazione dei tanti incidenti in cui incappano molte persone proprio a causa del malfunzionamento degli impianti. Anche in questo caso, in attesa di dati più aggiornati, si può fare riferimento ad uno studio, quello condotto nel periodo tra il 2010 e il 2015 dalla compagnia assicurativa C.A. Brokers basata su dati assicurativi dei propri clienti, i quali rappresentano circa il 13% del parco ascensori nazionale. Se non si tratta di un dato esaustivo, può però aiutare a capire abbastanza in profondità la realtà italiana. I sinistri registrati nel periodo preso in esame sono stati 335, di cui 11 a danno degli operai e 324 invece a danno a terzi, tra cui i 225 che hanno coinvolto gli utilizzatori degli impianti. Il 45,3% dei sinistri è stato causato dall’inciampo nel gradino che si forma tra la cabina e il piano di sbarco, mentre il 22.7% è derivato dall’urto con le porte automatiche. Molto contenuti i casi di discesa rapida delle cabine (6.7%), i quali rappresentano del resto l’ipotesi peggiore per i danni che possono conseguirne. Dati che, come abbiamo ricordato, se non sono esaustivi, fanno però comprendere la necessità di una puntuale manutenzione degli ascensori.
Manutenzione ascensori: la normativa
Quando si affronta il tema relativo alla manutenzione degli ascensori, occorre partire da un punto fermo, ovvero la normativa cui deve fare riferimento non solo chi opera nel settore, ma anche il proprietario degli impianti. La norma di riferimento è l’art. 15 del dpr 162/99, il quale provvede a stabilire l’obbligo per il proprietario di un ascensore di affidare l’incarico di provvedere alla manutenzione dell’impianto a una persona munita di un certificato di abilitazione oppure ad una ditta specializzata. Si tratta di una norma scritta proprio con il fine di evitare quel fai da te che in un settore così delicato può rivelarsi pericolosissimo.
Stabilita la necessità di fare ricorso a tecnici abilitati o comunque alle ditte che tali tecnici utilizzano, la legge provvede a distinguere due attività le quali vanno a carico di colui che ha la responsabilità in ordine alla manutenzione dell’impianto: la visita di manutenzione preventiva e la verifica dell’efficienza dei dispositivi e delle componenti dell’ascensore.
La prima attività deve essere effettuata dal manutentore al fine di verificare il regolare funzionamento dei principali componenti dell’impianto. Ne consegue la massima attenzione per le porte dei piani (le quali dovrebbero essere perfettamente allineate al suolo), per le serrature e per lo stato di conservazione delle funi. Nella stessa occasione, il manutentore dovrà anche effettuare le comuni operazioni tese alla pulizia e alla lubrificazione delle parti.
Nel secondo caso, l’incaricato è invece tenuto a verificare l’integrità e l’efficienza di tutti i dispositivi e di tutti i componenti da cui va infine a dipendere per larga parte la sicurezza dell’impianto, a partire dalle funi e dal paracadute. La frequenza minima con cui dovrebbero avvenire questi controlli è stata fissata a sei mesi, ovvero almeno due volte all’anno, a differenza di quanto accade per le visite di manutenzione preventiva, per le quali la legge non provvede ad indicare una frequenza precisa, dipendendo la stessa dalle esigenze dell’impianto. Proprio per questo motivo sarebbe quindi il caso di dare vita ad un calendario di visite da parte di chi è incaricato alla manutenzione, strutturato non soltanto sulla base delle prescrizioni di legge, ma anche sulle caratteristiche tecniche dell’impianto, delle condizioni di conservazione e dell’intensità di utilizzo. Proprio per questa serie di motivi, diventa fondamentale che la persona incaricata della manutenzione dia vita ad una ispezione iniziale tale da fare da base al cronoprogramma degli interventi, indicando soprattutto il numero di visite annuo che ritiene necessario per poter non solo rimediare ad eventuali deficit prestazionali o di sicurezza, ma anche dare vita ad una corretta conservazione dell’impianto.