La questione dell’utilizzo dell’ascensore da parte dei disabili è estremamente importante, proprio per le ricadute che può avere non solo nei rapporti tra coloro che condividono un impianto così importante, ma anche per la qualità della vita di una categoria di persone così particolare.
In tal senso, si può partire da una recente sentenza della Corte di Cassazione per cercare di fissare alcuni punti molto importanti in una discussione che va a coinvolgere temi come il rapporto tra condomini, la mobilità delle persone e l’abbattimento delle barriere architettoniche. La sentenza in questione, la numero 24235 del 2016, ha infatti deliberato che non è possibile dare vita ad un’innovazione (nel caso specifico appunto un ascensore) nel caso in cui la stessa vada a compromettere l’utilizzo di un bene da parte anche di un solo singolo condomino (che nel caso in esame era un box garage). Andiamo a vedere più concretamente le ricadute di questa sentenza.
Il diritto di proprietà è intangibile
La sentenza emessa dalla Cassazione va in pratica a stabilire come il diritto di proprietà sia in ultima analisi destinato a prevalere su quello della persona disabile di poter intervenire sull’edificio in modo da abbattere le barriere architettoniche. Un diritto che non può essere lesionato neanche nel caso in cui nel momento in cui si discuta di una modifica edilizia ai danni del bene in oggetto esso non sia utilizzato, in quanto potrebbe esserlo nel futuro. In pratica il diritto di utilizzo non può essere oggetto di limitazione, vietando di conseguenza qualsiasi modifica dello stabile tale da poter infine recare pregiudizio alla fruizione del bene in esame.
Anche il Codice Civile, in effetti, provvede a disciplinare in maniera estremamente chiara le modalità con cui devono essere realizzate eventuali modifiche all’interno di uno spazio condominiale, con gli articoli 1120 e 1121, ovvero quelli che riguardano le innovazioni, anche gravose e voluttuarie, e l’articolo 1136 che va invece ad affrontare la questione relativa alla validità del voto assembleare. Questi articoli non possono essere bypassati neanche quando gli interventi richiesti siano atti ad eliminare le barriere architettoniche. A stabilirlo è in particolare la legge 13 emanata nel 1989, che ha come oggetto proprio l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, tema affrontato all’articolo 2: “Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche […] sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile. […] Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.”
A tal proposito va sottolineato che anche la Corte di Cassazione aveva ribadito dal canto suo come l’articolo 1120 del Codice Civile non possa essere ignorato, prescrizione del resto ripetuta anche dall’ultima sentenza emessa nel 2016.
Cosa dice l’articolo 1120 del Codice Civile
L’articolo 1120 del Codice Civile è assolutamente chiaro sotto questo punto di vista, in particolare ove va a precisare che i condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni ove si riesca a conseguire la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’articolo 1136. Al contempo restano però vietate le innovazioni:
1) tali da poter arrecare un pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato;
2) che possano infine condurre ad un’alterazione del decoro architettonico;
3) le quali possano rendere alcune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Proprio l’ultima prescrizione è in pratica quella che ha spinto la Cassazione a decidere, in quanto anche se il condomino che si era espresso contro la decisione assembleare di installare l’ascensore non utilizzava il box garage che sarebbe stato intaccato dall’intervento, in tal modo avrebbe visto lesionato il suo diritto ad utilizzarlo in futuro ove l’impianto fosse stato realizzato.
L’importanza della sentenza
La sentenza in questione è estremamente importante, in quanto rende del tutto evidente l’importanza degli accertamenti preliminari ad interventi in tema di abbattimento delle barriere architettoniche. Esse devono senz’altro essere perseguite, proprio per una questione di civiltà, ma non possono essere realizzate a scapito dei diritti di altre persone. In pratica nessuno condomino deve essere limitato nel godimento di un suo diritto e ove ciò accada è vietato eseguire interventi, anche ove essi siano tesi a migliorare la qualità di vita di un disabile.
Mentre invece, sempre secondo la Corte di Cassazione (sentenza 14096 del 2012) l’ascensore, in veste di “elemento necessario per l’abitabilità di un appartamento ed innovazione diretta all’eliminazione delle barriere architettoniche”, può senz’altro essere installato anche in deroga alla normativa sulle distanze minime, previste dal Testo Unico per l’Edilizia (art. 79 D.P.R. 380/2001) e dagli articoli 873 e 907 del Codice Civile, le quali prescrivono una distanza minima di 3 metri utile a garantire le giuste condizioni di salubrità e salute. In questo caso, infatti, non viene ad essere toccato alcun diritto sensibile di altri condomini, rispettando quanto disposto dal ricordato articolo 1120 del Codice Civile.